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L’ambiente lavorativo stressogeno legittima il risarcimento

2024-01-31 11:29

Redazione

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L’ambiente lavorativo stressogeno legittima il risarcimento

IL GIUDIZIO.  Secondo la Cassazione è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la ...

IL GIUDIZIO. 
 

Secondo la Cassazione è configurabile il mobbing lavorativo ove ricorra una pluralità continuata di comportamenti pregiudizievoli per la persona interni al rapporto di lavoro uniti all’intendimento persecutorio nei confronti della vittima a prescindere dalla illegittimità di ciascun comportamento. Il  danno alla persona del lavoratore da parte del datore di lavoro o di chi per lui costituisce violazione dell’articolo 2087 e quindi fonte di responsabilità contrattuale. L’applicazione dell’articolo 2087 è caratterizzata da un bilanciamento tra il diritto al lavoro e alla salute del dipendente (articoli 4 e 32 Costituzione) e la libertà di iniziativa economica del datore di lavoro (articolo 41 Costituzione). La definizione di “salute” non è quella di semplice assenza dello stato di malattia o di infermità ma quella di “stato di completo benessere fisico, mentale e  sociale”. La sentenza impugnata non ha rispettato tali principi perché ha ritenuto che le difficoltà relazionali fossero imputabili anche alla lavoratrice senza considerare che l’ambiente lavorativo stressogeno è configurabile di per sé  come fatto ingiusto.

La sentenza della Cassazione n. 15957 del 07 giugno 2024 affronta il caso del risarcimento danni chiesto da una lavoratrice per asserite vessazioni datoriali subite nel posto di lavoro. 

 

Al riguardo la Suprema Corte ha affermato che, a prescindere dalla sussistenza o meno della fattispecie configurata come mobbing, in materia di tutela della salute sul lavoro, un ambiente stressogeno è configurabile come fatto ingiusto lesivo dell’articolo 2087 del codice civile con conseguente diritto del lavoratore al risarcimento dei danni. 

 

Una dipendente ha convenuto in giudizio il Ministero della Istruzione per ottenere un risarcimento danni a seguito di condotte riconducibili al mobbing. Il Tribunale di Forlì ha respinto il ricorso considerato generiche e non probanti le allegazioni contenute nell’atto introduttivo in ordine alla persecutorietà  della condotta di colleghi e superiori. 

 

La Corte di Appello di Bologna in sede di impugnazione della sentenza di primo grado ha confermato la decisione affermando che era comunque emerso un difficile clima lavorativo e un degrado nei rapporti professionali imputabile anche alla ricorrente. 

 

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la lavoratrice. Nei motivi di ricorso si è criticata la sentenza della Corte d’Appello per aver ritenuto generiche le allegazioni relative alla condotta di colleghi e superiori. 

 

Nel ricorso le condotte riguardavano comportamenti reiterati nel tempo da parte del dirigente scola- stico e consistenti in condotte ostili di carattere discriminatorio e persecutorio da cui era conseguita la mortificazione morale e l’emarginazione della lavoratrice dall’ambiente di lavoro con effetti lesivi del suo equilibrio psico-fisico e della sua personalità.  

 

Inoltre, secondo la ricorrente, la Corte ha ritenuto generiche ed irrilevanti le richieste istruttorie ancorché contenessero precisi riferimenti spazio-temporali e fossero volte a dimostrare il pro trarsi delle tensioni, dell’ostilità e della conflittualità creatisi nel contesto lavorativo. 

 

La Cassazione, ribaltando totalmente le decisioni dei giudici di merito, ha accolto il ricorso della lavoratrice. La nozione di mobbing è una nozione di tipo medico-legale, che non ha autonoma rilevanza ai fini giuridici e serve soltanto per identificare comportamenti che si pongono in contrasto con l’articolo 2087 codice civile e con la normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro.

 

L’ambiente lavorativo stressogeno è un fatto suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le condotte datoriali allegate come vessatorie pur se non viene accertato l’intento persecutorio che unifica tutte le condotte denunciate.

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